I Luoghi del salvataggio

Urbino, Sassocorvaro, Carpegna, Pesaro, Venezia, Milano, Roma, Zara… I luoghi chiave per orientarsi nella storia dell’Operazione Salvataggio.

SASSOCORVARO (3C). Con la sua possente Rocca Ubaldinesca è il cuore dell’Operazione Salvataggio di 10.000 capolavori dell’arte italiana durante la seconda guerra mondiale. Il coordinatore dell’operazione, il Soprintendente di Urbino Pasquale Rotondi, a partire dal 5 giugno 1940 raggiungeva il borgo scelto percorrendo i 23,5 km di strada tortuosa con tappa intermedia a Cà Gallo. li paese e il Montefeltro storico sono a mezz’ora di auto dalla Riviera Adriatica (Rimini e Pesaro, uscita dell’autostrada A 14 Bologna-Ancona).
CARPEGNA (2C). Il capoluogo della Comunità montana del Montefeltro è dominato dal maestoso Palazzo dei Principi che Rotondi scelse come ricovero integrativo a quello di Sassocorvaro. Il 21 aprile 1943 il Palazzo accoglie le prime casse di capolavori: sono del Castello Sforzesco di Milano (6A). Li seguono il Tesoro di S. Marco di Venezia (6A) e altre opere d ‘arte ancora dai capoluoghi della Lombardia e del Veneto, ma anche da Roma (6B) e Tarquinia, Bergamo e Treviglio, e dalla vicina Pesaro. Il 20 ottobre del 1943 il Palazzo viene occupato dalle truppe tedesche. Ma ha successo il trasferimento delle opere d’arte nella Rocca di Sassocorvaro, nel Palazzo Ducale di Urbino e in Vaticano.
PESARO (5B). Oltre ai tesori dei Musei civici, dal capoluogo di provincia del Montefeltro arrivarono nei ricoveri volumi, incunaboli e pubblicazioni pregiate provenienti dalla Biblioteca Oliveriana e una raccolta di manoscritti di Gioachino Rossini dal Conservatorio di musica.
VENEZIA, MILANO E ROMA (6A). Le prime opere giunsero a Carpegna il 21 aprile del 1943, e presto nel Palazzo dei Principi si accumulò una ricchezza non inferiore a quella custodita nella Rocca di Sassocorvaro: il “Tesoro di San Marco” di Venezia, con la celebre “Pala d’Oro”, e tutto un insieme di eccelsi capolavori provenienti, oltre che da Venezia, da Milano e da Roma.
Non possono non essere ricordati almeno alcuni dei più celebri capolavori ricoverati a Carpegna: la “Pala di S. Bernardino” di Piero della Francesca, lo “Sposalizio della Vergine” di Raffaello e la “Cena in Emmaus” del Caravaggio provenienti dalla Pinacoteca di Brera di Milano, “l’Amor Sacro e Profano” e “Venere che benda Amore” di Tiziano, il “Ritratto della Dama col Liocorno”, il “Ritrattino d’uomo” e la “Fornarina” di Raffaello della Galleria Borghese di Roma, il “Trittico del Giudizio Finale” dell’Angelico ed il “Ritratto di Enrico VIII°” dell’Holbein della Galleria d’Arte Antica di Roma, il “S. Matteo e l’Angelo” del Caravaggio della Chiesa di S. Luigi dei Francesi di Roma, la “Vocazione di S. Paolo” e la “Crocefissione di S. Pietro” del Caravaggio della Chiesa di S. Maria del Popolo di Roma, la statua del “Battista” di Donatello della Chiesa dei Frati di Venezia.
JESI (6D). Dalla Pinacoteca civica, la più prestigiosa istituzione dell’antica Aesis, arriva a Sassocorvaro il nucleo di opere firmate da Lorenzo Lotto, prima fra tutte L’angelo annunziante.
URBINO (4C). Dal Palazzo Ducale di Federico da Montefeltro dove risiedeva Rotondi e ancora oggi ha sede la Soprintendenza ai Beni artistici e storici delle Marche, sono arrivati nella Rocca di Sassocorvaro i tesori della Galleria nazionale della regione-museo diffuso, a cominciare dalla Madonna di Senigallia e dalla Flagellazione di Piero della Francesca. A partire dal 21 ottobre fino al 20 dicembre 1943 il Palazzo Ducale fu rifugio a sua volta di numerose opere qui trasferite per motivi di sicurezza.
SAN LEO (2B). L’imprendibile fortezza montefeltresca di questa città d’arte, insieme al trecentesco Palazzo dei Priori di Sassoferrato (5E), al cinquecentesco Palazzo Brancaleoni di Piobbico (3D), alla chiesa di San Francesco di Mercatello sul Metauro (2C), al Palazzo Ducale di Urbania (3C) e alla Corte Bassa e Corte Alta di Fossombrone (4C) furono gli altri edifici valutati da Rotondi per l’Operazione Salvataggio prima di scegliere Sassocorvaro.
ANCONA (7CD). Dal capoluogo marchigiano, come da tutte le altre cento città d’arte marchigiane, affluiscono dipinti e arazzi a partire dall’11 giugno 1940. Torneranno indietro tutti salvi. Una sorte ben diversa tocca invece al Museo archeologico di Ancona. Va completamente distrutto in seguito al bombardamento alleato sulla città. Ha ricordato Rotondi: “E pensare che proprio pochi giorni prima io avevo detto al mio collega: ‘Dammi tutto, porto tutto a Sassocorvaro’. Ma lui non ne volle sapere”.
ASCOLI PICENO (7B). Dal capoluogo ricco di chiese, antiche case e possenti torri gentilizie, Rotondi cura il ricovero dei numerosi beni culturali il 16 giugno 1940. Nella provincia ascolana Rotondi collocherà un episodio singolare capitato durante una missione: “Da Urbino stavo andando in un paese in provincia di Ascoli Piceno. A Falerone un carabiniere mi ferma: stavo fotografando un palazzetto del ‘500, lui mi dice che non si può e mi chiude in camera di sicurezza. Gli spiego che sono il Soprintendente di Urbino, gli mostro i documenti, l’ordine ricevuto; c’era scritto che dovevo andare a esaminare un Polittico di Carlo Crivelli. E lui, di rimando: ma allora lei viaggia per ragioni politiche. E così mi ha tenuto rinchiuso per sette ore, finché non ha parlato con il prefetto”.
ZARA (7A). Zara e la Dalmazia rientravano nel territorio giurisdizionale della Soprintendenza delle Marche. Rotondi affida a collaboratori l’incarico di creare un ricovero a Zara. Dall’isola di Lagosta il 1° luglio 1940 sono portati a Sassocorvaro, con un mezzo della Marina Militare, due dipinti appartenenti al Duomo isolano: uno di Francesco Bissolo e l’altro attribuito a Girolamo da Santacroce.