Dario Fo

Biografia
Origini familiari
Figlio di Felice Fo (Monvalle, 11 novembre 1898 – Luino, 1º gennaio 1987: capostazione e anche attore in una compagnia amatoriale) e di Pina Rota (Sartirana Lomellina, 20 settembre 1903 – Luino, 6 aprile 1987), crebbe, insieme al fratello Fulvio e alla sorella Bianca, in una famiglia intellettualmente vivace, nella quale poté ascoltare fin dalla prima infanzia le favole, frammiste a cronaca locale, raccontate dal nonno materno e le storie riportate da viaggiatori e artigiani. Proprio gli affabulatori di paese (ripetutamente citati e ricordati da Fo), grazie alla loro capacità di raccontare gli avvenimenti, avrebbero poi ispirato l’artista nel corso degli anni, uno dei migliori nel suo genere.

La seconda guerra mondiale
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, a seguito della chiamata alle armi della neonata Repubblica Sociale Italiana si arruolò giovanissimo volontario nelle file dell’esercito fascista, prima nel ruolo di addetto alla contraerea a Varese e successivamente come paracadutista nelle file del “Battaglione Azzurro” di Tradate. La scoperta di questa militanza, emersa per la prima volta negli anni settanta, scatenò polemiche, querele e processi da parte di Dario Fo – all’epoca attivo rappresentante in campo artistico della cultura della sinistra italiana – che si trascinarono per alcuni decenni. Fo ammetterà e parlerà poi di questa parentesi, affermando che si era arruolato nell’unico esercito esistente, ma in quanto “italiano” e non in quanto fascista, per non essere deportato in Germania come lavoratore o come militare di leva, e che dopo essere stato spostato in numerosi luoghi di addestramento, venne quindi inserito nei paracadutisti.

Inizi della vita artistica
Conseguita la laurea in pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano, dal 1950 Fo cominciò a lavorare per la Rai come attore e autore di testi satirici. È del 1952 la serie di suoi monologhi radiofonici intitolata Poer nano. Il 24 giugno 1954 sposò l’attrice e collega Franca Rame a Milano, nella basilica di Sant’Ambrogio. Poco dopo la coppia si trasferì a Roma. Qui il 31 marzo 1955 nacque il loro figlio Jacopo. Sempre a Roma Fo, dal 1955 al 1958, lavorò come soggettista per il cinema. Nel 1956 Fo scrisse e interpretò, insieme a Franco Parenti, un varietà per la radio intitolato Non si vive di solo pane, che lo stesso Fo ricorderà in seguito come un programma di grande successo.

Nel 1962 Fo conduce sul Secondo Canale il programma di rivista satirico-musicale Chi l’ha visto?. Nello stesso anno lui e la moglie, che nel frattempo avevano fondato la Compagnia Dario Fo-Franca Rame, prepararono una serie di brevi pezzi per il programma televisivo Canzonissima. La censura intervenne così spesso che abbandonarono la televisione in favore del teatro. Le commedie prodotte tra il 1959 e il 1961 avevano la struttura della farsa, dilatata e arricchita da elementi di satira di costume. Con atteggiamento critico verso quello che lui denominava “teatro borghese”, Fo recitava in luoghi alternativi quali piazze, case del popolo, fabbriche: luoghi dove egli poteva trovare un pubblico diverso da quello tipico dei teatri, composto soprattutto dalle classi subalterne e che normalmente aveva meno opportunità di accesso agli spettacoli teatrali.

Mistero buffo, il grammelot e il “teatro di narrazione”
Nel 1968 insieme a Franca Rame, Massimo de Vita, Vittorio Franceschi e Nanni Ricordi fondò il gruppo teatrale Nuova Scena, con l’obiettivo di ritornare alle origini popolari del teatro e alla sua valenza sociale. Anche in questo caso, le rappresentazioni avvenivano in luoghi alternativi ai teatri e a prezzo “politico”. Il 1º ottobre 1969, a Sestri Levante, Fo portò per la prima volta in scena, con grande successo, la “giullarata” Mistero buffo; egli, unico attore in scena, recitava una fantasiosa rielaborazione di testi antichi in grammelot, traendone una satira tanto divertente quanto affilata. Il grammelot, linguaggio teatrale che si rifà alle improvvisazioni giullaresche e alla Commedia dell’arte, è costituito da suoni che imitano il ritmo e l’intonazione di uno o più idiomi reali con intenti parodici.

Nel caso specifico di Mistero buffo, il linguaggio utilizzato da Fo era una mescolanza dei vari dialetti della pianura padana. Mistero buffo costituisce, per certi versi, il modello di quel quasi-genere che si è soliti definire “teatro di narrazione”. Tra la fine degli anni sessanta e l’inizio dei settanta, Fo si schierò con le organizzazioni extraparlamentari di estrema sinistra e fondò il collettivo “La Comune”, attraverso il quale tentò con grande passione di stimolare il teatro di strada.

Al 1970 risale Morte accidentale di un anarchico, opera che segnò il ritorno di Fo alla farsa e all’impegno politico; era chiaramente ispirata al caso della morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli (ma ufficialmente si ispirava a un evento analogo avvenuto negli Stati Uniti all’inizio del XX secolo, la morte di Andrea Salsedo). Nell’opera, Luigi Calabresi è il commissario Sportivo, soprannominato “commissario Cavalcioni”, che posiziona gli interrogati a cavalcioni di una finestra, accreditando l’ipotesi calunniosa poi smentita dall’inchiesta della magistratura, della defenestrazione dolosa dell’anarchico.

La vicenda si svolge in una stanza della procura centrale di Milano con protagonista quel “Matto” che ricorre spesso nel teatro di Fo quando occorre rivelare verità scomode. Il Matto adotta vari travestimenti (psichiatra, giudice, capitano della scientifica e vescovo) mediante i quali la versione ufficiale dei fatti mostra tutte le sue contraddizioni e, dal tentativo di costruire una versione plausibile, emergono altre esilaranti incongruenze. Sul caso Pinelli, tra l’altro, Fo firmò anche la famigerata “lettera aperta”, pubblicata dal settimanale L’Espresso nel giugno 1971.

Nel 1973 la casa editrice Bertani pubblicò ‘’Mistero Buffo’’. Nel 1974 l’Einaudi pubblicò parte delle commedie di Fo. Pochi anni dopo Fo, insieme alla moglie Franca Rame, tornò in televisione con un programma chiamato Il teatro di Dario Fo (in onda su Rete 2, a partire dal 22 aprile 1977, ore 20:30). La serie di trasmissioni avrebbe permesso al futuro premio Nobel di far apprezzare i propri lavori più recenti ad una più vasta schiera di persone – vasta come solo la platea televisiva poteva essere. Nel programma vennero proposte tutte le pièce registrate alcuni mesi prima nella Palazzina Liberty dell’antico Verziere di Milano.

I titoli delle pièce erano: Mistero Buffo, che apriva la serie; Settimo: ruba un po’ meno; Ci ragiono e canto; Isabella, tre caravelle e un cacciaballe; La signora è da buttare; Parliamo di donne, quest’ultima interpretata dalla sola Franca Rame. A ribadire la fama trasgressiva o addirittura sovversiva della coppia Fo-Rame, Il teatro di Dario Fo, e soprattutto Mistero Buffo, attirarono l’attenzione del Vaticano che, per bocca del cardinale Ugo Poletti, reagì molto duramente ai modi e al linguaggio con cui nel programma si trattavano certi temi e personaggi religiosi o, più in particolare, ecclesiastici. Ma Fo non fu solo irriverente con la chiesa: ad esempio, in “Pariamo di donne” viene messo alla berlina il duo musicale Battisti-Mogol, in quegli anni all’apice del successo, tramite la recitazione in prosa di alcuni testi dalle loro canzoni: ad esempio, nel caso del testo di Emozioni, anziché il tema dell’amore non ricambiato, frequente nei tesi del duo, Fo ne attribuisce un significato fortemente misogino.

Dario Fo fu anche autore dei testi di diverse canzoni (soprattutto per Enzo Jannacci), tuttavia l’unica volta in cui si ritrovò nella hit parade dei 45 giri, anche se fra le posizioni più basse, fu con la sigla del programma Il teatro di Dario Fo (intitolata ironicamente “Ma che aspettate a batterci le mani?”).

Esperienze nel teatro dell’opera
Il 18 novembre 1978, al Teatro Ponchielli di Cremona, debuttò Histoire du soldat di Igor’ Fëdorovič Stravinskij, con la direzione di Claudio Abbado e la regia di Dario Fo. L’allestimento, realizzato da Fo in occasione del bicentenario del Teatro alla Scala di Milano, richiese più di trenta mimi e un grande palcoscenico, con un’apertura di almeno sedici metri, sul quale fu collocata una scena mobile, che gli interpreti dovevano spostare e ricomporre di volta in volta da soli. Successivamente, lo stesso spettacolo fu replicato nel Palasport Lino Oldrini di Masnago, a Paderno Dugnano, Cassano d’Adda, Cinisello Balsamo, Mantova e al PalaPianella di Cucciago e nel 1979 a Novate Milanese, Lodi, Monza, Teatro Coccia di Novara, Urbino, Teatro Tendastrisce di Roma, Teatro Carlo Goldoni (Livorno), Teatro Manzoni (Pistoia), Teatro Moderno di Grosseto, Teatro Verdi (Pisa), Palasport Villa Romiti di Forlì, Teatro Lirico di Milano e Bergamo.

Il 2 dicembre 1980, al Theâtre de l’Est parisien di Parigi, debuttò Histoire du tigre et autres histoires, spettacolo di e con Dario Fo.

Il 14 marzo 1987, al Muziektheater di Amsterdam, si tenne la prima del Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini con regia, scenografia e costumi di Dario Fo. L’allestimento di Amsterdam fu poi ripreso da diversi teatri italiani ed europei, non ultima l’Opéra Garnier di Parigi nell’estate 1992. Fo si dedicò inoltre alla regia di altre opere di Rossini, come L’Italiana in Algeri (al Rossini Opera Festival di Pesaro nel 1994) e Il viaggio a Reims.

Gli anni ’80 e ’90
Durante l’estate del 1989 scrisse la commedia Il papa e la strega in cui si ritrovavano due tra le principali caratteristiche dell’opera di Fo, ovvero la capacità di cogliere l’attualità anche in argomenti apparentemente lontani, nonché l’anticlericalismo. Proprio in quel periodo infatti in Italia ferveva il dibattito sulla lotta alla droga e sulla necessità o meno di una riforma della legge n. 685 del 22 dicembre 1975 in senso maggiormente repressivo. La riforma, sponsorizzata dal governo Andreotti, suscitava posizioni ambivalenti nel Partito Socialista Italiano (malgrado proprio questo fosse il partito di Giorgio Casoli, relatore della riforma stessa, e avesse svariati ministri nell’esecutivo), ma soprattutto era avversata dagli antiproibizionisti, che la giudicavano controproducente. Nella commedia di Fo, il cui impianto è, come al solito, farsesco, viene fatta oggetto di satira la miopia mostrata dal governo nello sponsorizzare la riforma con l’appoggio della Chiesa.

Sempre nel 1989, la sua satira del servilismo produsse un nuovo tassello nella curiosa partecipazione allo sceneggiato televisivo I promessi sposi di Salvatore Nocita, dove Fo interpretava a suo modo il dottor Azzecca-garbugli. È da notare che in questa trasposizione filmica del romanzo di Alessandro Manzoni gli attori, fra molte polemiche, recitarono tutti in inglese (compreso Alberto Sordi, nella parte di don Abbondio); l’unico a rifiutarsi fu lo stesso Fo, che per questo conservò il ruolo nell’edizione italiana, venendo sostituito da John Karlsen in quella internazionale.

Il 1992 fu l’anno della celebrazione dei cinque secoli dalla scoperta dell’America. Fo raccontò l’evento alla sua maniera in Johan Padan a la descoverta de le Americhe, dove un povero della provincia bergamasca, cercando di sfuggire all’Inquisizione, scappa da Venezia per approdare in Spagna e giungere infine, con una serie di vicende, nel nuovo mondo. Qui Fo, per proporre una rilettura della storia alternativa a quella ufficiale, utilizzava lo stratagemma dell’eroe per caso che ha il suo piccolo ruolo in una vicenda più grande di lui. Sono molti i punti in comune con Mistero buffo: anche qui si utilizza un divertente grammelot padano-veneto, in un testo dove il messaggio stesso è divertente, in una favola dove il comico fornisce il suo dissacrante punto di vista del mondo. Anche in questo caso Fo è solo in scena interpretando tutti i personaggi.

Il premio Nobel
Il 9 ottobre 1997 fu insignito del Premio Nobel per la letteratura, con la seguente motivazione: seguendo la tradizione dei giullari medievali, dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi. Fu a conoscenza del fatto mentre era sull’autostrada A1 con Ambra Angiolini, un’automobile si affiancò alla loro mostrando un cartello con su scritto: “Hai vinto il Nobel”. L’ultimo italiano che aveva vinto era stato Eugenio Montale nel 1975, mentre era dal 1934 che non vinceva un drammaturgo italiano, quando lo ricevette Luigi Pirandello.

«Con me hanno voluto premiare la Gente di Teatro»
(Commento di Dario Fo)

La scelta dell’Accademia Svedese divise il mondo della letteratura: Umberto Eco si dichiarò contento che fosse premiato un “autore che non appartenesse al mondo accademico tradizionale”. Altri sostenitori furono Stefano Benni, Luciano De Crescenzo, Vittorio Sgarbi, Vincenzo Consolo, Tullio De Mauro, Giulio Einaudi, Giorgio Albertazzi, Giorgio Strehler, Carmelo Bene, Vittorio Gassman e Gigi Proietti, mentre furono contrari Carlo Bo, Alfonso Berardinelli, Aldo Busi, Geno Pampaloni, Giulio Ferroni, Alfredo Giuliani e Mario Luzi, che definì questa decisione “un’intenzione anti-letteraria contro di lui”.

Dopo il Nobel
Negli ultimi tempi, la produzione di Fo ha continuato a seguire le due strade parallele della commedia farsesca (Il diavolo con le zinne, 1997) e del monologo costruito sul modello archetipico di Mistero buffo (da Lu santo jullare Francesco del 1999 allo spettacolo-lezione Il tempio degli uomini liberi del 2004).

Il 18 marzo 1998 alle 22:45 Raidue trasmette la registrazione dello spettacolo Marino libero! Marino Innocente! (il cui testo fu poi edito in volume dalla Einaudi), dedicato alle vicende processuali scaturite dall’Omicidio Calabresi. Il recital si concentra soprattutto sulle presunte incongruenze all’interno della testimonianza del pentito Leonardo Marino a carico di Sofri, Bompressi e Pietrostefani. La data di messa in onda coincise con quella di reclusione, stabilita dalla Corte d’appello di Milano, della richiesta di revisione del processo presentata dal legale dei condannati Alessandro Gamberini, ma l’orario di programmazione fu fissato dai dirigenti della rete ad alcune ore dopo la sentenza, per non influenzare la decisione dei magistrati incaricati (Giorgio Riccardi, Niccolò Frangosi e Giovanni Budano).

Nel 1999 Dario Fo fu insignito della laurea honoris causa dall’Università di Wolverhampton (Inghilterra centrale), insieme a Franca Rame. L’avvento del secondo governo Berlusconi lo sospinse nuovamente verso una produzione d’impegno civile e politico, che si concretò nell’allestimento di opere satiriche su Silvio Berlusconi, da Ubu rois, Ubu bas a L’Anomalo Bicefalo (scritta insieme alla moglie): in quest’ultima commedia, incentrata sulle vicende giudiziarie, politiche, economiche di Berlusconi, Fo impersonava il premier che, persa la memoria in seguito ad un incidente, riesce a riacquistarla confessando la verità sulle proprie vicende.

Della commedia fu temporaneamente impedita la diffusione televisiva, a causa della querela presentata da Marcello Dell’Utri, il quale contestava la citazione di alcune sue vicende giudiziarie all’interno della sceneggiatura (su L’Anomalo Bicefalo v. l’articolo di Scuderi nella bibliografia finale). Contemporaneamente Fo portò in scena, insieme a Giorgio Albertazzi, una serie di spettacoli-lezioni sulla storia del teatro in Italia, trasmessi anche in televisione, su Rai 2. Nel 2005 Fo fu insignito della laurea honoris causa alla Sorbona di Parigi, e l’anno successivo la stessa onorificenza gli fu assegnata dalla Sapienza di Roma. Prima di lui, solo altri due autori di teatro avevano ricevuto una laurea honoris causa dalla Sapienza: Luigi Pirandello e Eduardo de Filippo.

Il 16 novembre 2007 Fo presentò a Milano il film cospirazionista di Giulietto Chiesa Zero – Inchiesta sull’11 settembre, sui retroscena degli attentati dell’11 settembre 2001, film nel quale egli partecipa come personaggio e voce narrante. Nel 2008 ha collaborato con il cantautore pavese Silvio Negroni, scrivendo il brano La verzine e ‘o Piccirillo, che Negroni ha eseguito nell’album del suo gruppo, I fio dla nebia.

Nel 2010 recitò in una canzone del cantautore Luca Bussoletti. Si tratta di A solo un metro, un brano sulle mine antiuomo il cui ricavato è devoluto ad Amnesty International sezione italiana. Il videoclip della canzone è girato in Afghanistan ed è mandato in esclusiva dal sito della rivista Rolling Stone.

In occasione della IV giornata nazionale dell’afasia, per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla condizione delle persone afasiche, ha recitato un brano di grammelot nello spot televisivo promosso dalla fondazione Pubblicità Progresso. Tra dicembre 2011 e marzo 2012 con la moglie ha riportato in scena Mistero buffo in una serie di spettacoli nel nord Italia. Il 24 marzo 2012, giorno del suo ottantaseiesimo compleanno, ha inaugurato la mostra “Lazzi Sberleffi Dipinti” presso Palazzo Reale di Milano, esponendo più di 400 opere che percorrevano tutto l’arco della vita sua e di Franca Rame.

Nel 2013 muore la moglie Franca Rame.

Il 17 gennaio 2014 partecipa a Le invasioni barbariche su LA7, insieme a Mika, esibendosi tra l’altro in un duetto sulle note della celeberrima Ho visto un re, da lui scritta, e condotta al successo da Enzo Jannacci. Sempre nel 2014 pubblica il suo primo romanzo, La figlia del Papa, ispirato alla figura di Lucrezia Borgia: nella donna, Fo ravvisa molti punti di contatto con Franca Rame. Lo stesso anno dedica uno dei suoi dipinti a Reyhaneh Jabbari, condannata a morte per l’omicidio del suo stupratore in Iran.

Nel 2015 pubblicò Un uomo bruciato vivo, scritto assieme a Florina Cazacu, figlia di Ion, un operaio rumeno bruciato vivo nel 2000 dal datore di lavoro per aver chiesto di essere messo in regola; Fo e Franca Rame si erano già occupati della vicenda della famiglia Cazacu, aiutando le figlie a raggiungere la madre in Italia, negato loro nel 2003 perché maggiorenni. Sempre nel 2015 aderisce alla manifestazione Il Grande Canale della Pace – Artisti contro la guerra, e pubblica il secondo romanzo, di nuovo a sfondo storico, C’è un re pazzo in Danimarca, sulla storia di Cristiano VII di Danimarca.

Nel 2016 partecipa al film Sweet Democracy diretto dal regista Michele Diomà.

La morte
Ricoverato all’ospedale Luigi Sacco di Milano, Dario Fo muore il 13 ottobre 2016 a 90 anni per una crisi respiratoria.  La camera ardente è stata allestita il 14 ottobre al foyer del Piccolo Teatro.

Dario Fo è ora nella Cripta del Famedio del Cimitero Monumentale di Milano, nel colombario sopra a quello in cui riposa Franca Rame.

Fonte Wikipedia.it